MEA PULCHRA
"Antoniùccio"- Da "Piazza S. Maria" del Prof. Renzo Carano
"Aveva a che fare sempre con le pietre e quando il tempo era buono stava in una sua cava a Piedelecoste e qui isolava grandi massi, li faceva precipitare a piano di cava e poi, lavorando sodo di cunei e mazza pesante, secondo la qualità e le venature dei massi, ne ricavava pezzi che in mente sua destinava a diventare gambe, archi e chiavi di portoni e di caminetti. ...................Quando il sole giungeva in mezzo al cielo, Antoniuccio guardava il lavoro compiuto, posava la mazza, appoggiandola al pezzo, in modo da trovarla pronta alla ripresa, cacciava dalla tasca dei pantaloni un largo fazzoletto azzurro e si asciugava il sudore; prendeva poi una fiaschetta di coccio, che teneva nascosta tra i cespugli e l'andava a riempire di acqua freschissima, che scendeva da una roccia lì vicino, raccolta in rivolo sottile da una foglia d'edera, infilata in una fessura. Riempitala, tornava alla cava, prendeva la colazione che la moglie gli aveva preparato e sedeva. Lentamente disfaceva i due nodi formati dalle quattro cocche del tovagliolo in cui era avvolta e guardava compiaciuto il mezzo panello di pane spaccato a metà e con dentro una fragrante frittata, che aveva imbevuto di olio le due superfici. Col suo coltello dalla lama ricurva, lo stesso da sempre, tagliava dei pezzi di pane e frittata e li portava alla bocca, masticandoli poi lentamente. Ogni tanto beveva dalla fiaschetta, appoggiandola appena alle labbra e facendola gorgogliare, ma in cuor suo pregustava il piacere della sera, quando in compagnia degli amici, si sarebbe ritrovato seduto ad uno dei tavoli della cantina di Lucio quei tavoli scuri, odorosi di vino, col suo quartino colmo davanti, da centellinare, conversando dei lavori del giorno."